In un panorama artistico fortemente influenzato dalle trasformazioni dell’era digitale e dai social che “divorano” immagini e concetti, quanto spazio può trovare l’impegno sociale di chi realizza un’opera?
Uno spazio importante, come quello che traspare dai lavori di Matteo Bianco, un’artista che ha la volontà di comunicare prese di posizione e lo fa cercando di colpire la sensibilità del pubblico. Secondo alcune correnti della critica, l’arte contemporanea avrebbe perduto il senso del presente. Ammirare le opere di Matteo Bianco ci fa dubitare su questo. In una realtà abbastanza standardizzata come quella italiana è piacevole vedere opere con una certa originalità come quelle dell’artista veneto.
Si apprezza come prima cosa la duttilità nell'usare i materiali. Olio su tela, fotografia, plastica dimostrano un eclettismo che in questo momento è necessario per uscire dalla massa. Osservando i suoi lavori tornano alla mente ispirazioni, forse inconsce, di “padri” come Alighiero Fabrizio Boetti. Quello che più colpisce però è la lezione della pop art legata all'impegno, ma espressa elaborando stili cui probabilmente non è estraneo il suo bagaglio teatrale, altra forma di arte che lo vede impegnato ad alto livello. Nei suoi lavori si trovano echi di artisti come Julan Opie, Vincent Desiderio, Alan Aldridge e soprattutto Edward Ruscha, ma filtrati da una propria sensibilità che forse inconsciamente non dimentica la lezione dell'uso del colore nella tradizione. Un’arte verso il futuro ma con le radici solide nel passato. Poesia, sarcasmo e voglia di colpire sono un connubio molto interessante. In una modernità artistica, che per Peter Bürger, “ha forse perso un po’ della sua grinta”, Bianco ha la capacità, non facile, di mettersi in discussione, proponendo le proprie idee con coraggio, anche se non dovessero essere in sintonia con tutti.
Massimo Delzoppo
CORRIERE DELLA SERA
Matteo Bianco, classe '71, vive e lavora a Verona, ma non solo. La sua attività di scenografo lo porta in giro per i teatri italiani consentendogli di stare a contatto e conoscere realtà e novità della scena contemporanea.
La passione per il teatro si estende all'arte come mezzo per raccontare e penetrare l'attualità: è da questo incontro che nascono le sue opere.
Opere che raccontano, ma non solo. Spronano a prendere una posizione di fronte ai fatti: quello che Matteo Bianco sembra volerci dire con ognuna delle sue opere è: "Scegli da che parte vuoi stare. Prendi posizione. Non siamo al di fuori di questa realtà".
Con la sua poetica Bianco non vuole giudicare, ma invitare, prima di tutto se stesso, a mettersi in una posizione critica.
Arte che plasma e trasforma materiali, arte che vive di contaminazioni e fusioni.
I suoi mezzi non sono mai scontati, Matteo Bianco parla di guerra e violenza attraverso la malleabilità della plastica fusa (il "muro civile"), racconta la vita mostrandoci la leggerezza delle piume ("Still Life"), volge uno sguardo alla complicata tematica della violenza sulle donne sfruttando un cartello presente nel nostro immaginario quotidiano ("Love").
Non manca di utilizzare la fotografia e la pittura, ma mai in modo banale.
Bianco sa ironizzare sulla sua stessa arte ("Olio su tela"), ridere di sé stesso e delle sue scelte ed è questo che lo rende un artista capace di abbracciare una umanità ampia.
Il suo linguaggio è accessibile a vari livelli, i colori accesi, la semplicità e riconoscibilità delle forme può essere accattivante anche per i più piccoli, e questo accade forse perché ispirato dai suoi figli, primi fruitori delle sue opere. Il loro sguardo è sempre il primo riscontro per questo artista che vuole arrivare a tutti, adulti e potenti compresi.
Perché l'arte di Matteo Bianco è un'arte "necessaria", così viene da definirla.
Dopo una panoramica sulle opere resta un interrogativo: quanto siamo disposti a cambiare?